Ciao a tutti!
Oggi voglio parlarvi di Voci bianche.
Cosa sono le Voci bianche? Per Voci bianche si intendono le voci dei bambini dalla nascita fino alla pubertà, l’età in cui si verifica un importante e definitivo cambiamento del tono della voce definito “muta vocale”. Nella tempesta ormonale dell’adolescenza, le corde vocali si allungano e diventano più spesse, la voce femminile scende di due o tre toni mentre quella maschile scende molto di più, fino ad un’ottava.
Fin dal Medioevo le soavi voci dei bambini vennero messe insieme per costituire i cori di Voci bianche, chiamati a cantare composizioni di musica sacra nelle chiese durante le funzioni religiose. Oltre all’impiego nei cori di musica sacra, i cori di bambini sono oggi una realtà molto diffusa in Italia e in Europa.
Il canto, ed il canto corale in particolare, è la più immediata possibilità di poter trasformare in forma d’arte l’energia e la creatività dei bambini, oltre a favorire ed incentivare lo spirito di collaborazione e di aggregazione all’insegna dell’entusiasmo e della curiosità di ogni bambino.
Motivo principale del coro è la valorizzazione della musica e della sua grande ricchezza. Già nel secondo dopoguerra in Europa furono costituiti molti cori al di fuori dell’ambito scolastico, per fornire ai bambini una sana occupazione del tempo libero sotto forma di un’attività educativa e formativa allo stesso tempo. Negli anni settanta la letteratura per coro di bambini ebbe un grande incremento sul mercato e nacquero un po’ ovunque innumerevoli scuole musicali per giovani. Fu questo fervore culturale a portare l’Italia negli anni ottanta ad inquadrare l’attività corale come materia musicale istituzionale.
Ai giorni nostri, importanti istituzioni quali – fra le altre – l’Accademia del Teatro alla Scala, il Teatro dell’Opera di Roma, il Regio di Torino, il San Carlo di Napoli hanno in organico il loro Coro di Voci bianche, per i quali periodicamente bandiscono delle audizioni e organizzano corsi. I giovanissimi coristi sono avviati all’apprendimento del repertorio classico e moderno attraverso semplici percorsi di lettura musicale melodica e ritmica; imparano la corretta emissione e intonazione dei suoni, conoscono la propria voce condividendo con i compagni l’esperienza emozionale della musica pratica unita all’apprendimento tecnico. Possono così avvicinarsi all’attività musicale in forma collettiva, ma anche sviluppare un interesse individuale verso la musica, in prospettiva di un futuro studio.
Sul versante più “popolare”, c’è da registrare un fenomeno che da qualche anno ha preso piede nelle nostre maggiori reti televisive. Si tratta dei talent shows i cui protagonisti sono dei piccoli cantanti che si esibiscono con brani di successo realizzando performances ed acrobazie vocali, a mio parere spesso inadatte alla loro età e alle loro delicate corde vocali. In nome dell’audience e di tutto quello che vi ruota intorno, questi bambini – più che iniziare un percorso artistico o culturale che li avvicini alla dimensione del cantare con gli altri – spesso vengono chiamati a scimmiottare gli adulti, generando fra l’altro un grande stress per la loro emotività.
Del resto, sempre in tema di Voci bianche e di mode più o meno passeggere, non si può non ricordare il fenomeno del belcanto dei castrati, più gentilmente definiti “evirati cantori” o “musici”.
Il fenomeno dei castrati, delle vere e proprie “macchine per cantare” si diffuse nel Seicento dopo che la bolla papale di Sisto V nel 1588 aveva stabilito che le donne, già escluse dal canto nelle chiese, non potessero esibirsi nemmeno nei teatri. Per le parti femminili previste nei canti si decise di utilizzare le voci dei maschi che venivano sottoposti a castrazione verso gli 8 – 10 anni al fine di mantenere intatte le qualità e la flessibilità delle corde vocali tipiche dell’infanzia. La voce angelica dei castrati si univa ad una potenza polmonare notevole, e sembrava pensata apposta per lasciare i fedeli meravigliati e attoniti durante l’esecuzione delle liturgie, diventando un magnifico strumento da porre come tramite tra l’uomo e Dio.
Il successo di questi “angeli dalla voce d’oro” fu tale che Clemente VIII provvide a sostituire tutti i cantori della Cappella Pontificia con gli evirati, ammettendo tacitamente la pratica della castrazione, anche se questa non fu mai legalizzata.
Ma il successo dei castrati non fu solo dovuto all’editto papale, che peraltro si limitava ai soli territori amministrati direttamente dal Papa. Fu l’ambiente culturale e musicale della Roma del Cinquecento, e la florida produzione polifonica di quel periodo, a trasformare i castrati nei padroni indiscussi del teatro musicale. Il melodramma barocco, inzuppato di personaggi idealizzati, prelevati dalla mitologia classica e privati di realismo, era il terreno fertile per ospitare quei “mostri di bravura” dalla voce potente e angelica al tempo stesso.
Con il tempo questa moda passò, i virtuosismi innaturali cominciarono a vivere un lento declino, e i compositori tornarono ad una forma di “pulizia” vocale che non poteva più declinarsi in quelle voci incredibili al limite del parossismo. Nel Settecento la pratica della castrazione cominciò a subire molte critiche, anche se ormai si era diffusa fino a contare circa 5.000 castrati ogni anno e a diventare una fonte di sostentamento per le famiglie povere. Il papa Benedetto XIV nel 1748 tentò di proibire il ricorso ai castrati nella Chiesa, ma senza molto successo. Soltanto nel 1903 Pio X con un motu proprio rese possibile il ritorno all’uso antico della Chiesa, quello di usare i bambini per le voci acute di contralto o soprano.
Concludendo, chiedo venia per questo lungo excursus storico-musicale e vi lascio con una riflessione: ancora una volta, l’unica valida risposta per trovare un equilibrio è ritornare alle leggi della natura, così ben congegnate ed equilibrate da aver stabilito un tempo per ogni cosa ed un ritmico alternarsi di fasi e stagioni.